Quantcast
Channel: Palomas – Il mestiere di leggere. Blog di Pina Bertoli
Viewing all articles
Browse latest Browse all 6

Alejandro Palomas, Un figlio. “La mente umana è come la vita: un labirinto che spesso tira fuori cose inimmaginabili da colui che vi si perde”

$
0
0

Guille trascinava suo padre, ma non come fa un bambino quando trascina un adulto perché è impaziente o entusiasta di fare qualcosa, o quando ha fretta di arrivare a casa. No, non era per quello. Guille trascinava suo padre come un piccolo rimorchiatore trascina una nave stanca e alla deriva verso il porto. “Sta trascinando un peso morto”. È stato questo esattamente ciò che ho pensato. Visti dalla finestra, ho capito all’improvviso che Sonia aveva ragione e che la sua intuizione non era affatto sbagliata: c’era davvero un iceberg e l’allegria di Guille era solo la punta visibile. Sotto la superficie, l’ombra grigia del ghiaccio sembrava unire padre e figlio in un unico blocco, e si estendeva ai loro piedi in un alone di mistero mentre entrambi si allontanavano nel silenzio del pomeriggio. (pag. 63)

Un figlio, di Alejandro Palomas, Neri Pozza 2016, traduzione di Alessio Arena

Alejandro Palomas è un autore che seguo fedelmente; lo definirei un autore di sentimenti, perché è attorno ad essi che ruotano le sue storie. Non sentimentale, affatto; le sue storie narrano sentimenti laceranti, conflitti tra persone legate da affetto o amicizia, in percorsi di vita non facili, o in momenti topici delle loro vite. E lo fa con profondità, senza giudicare, scavando nei recessi più reconditi delle personalità, non ammiccando a facili stereotipi, ma anzi presentando questioni anche controverse, dolorose. Lo fa con uno stile limpido, coinvolgente, di quelli che quando inizi un suo romanzo, lo devi finire d’un fiato, perché la storia ti prende e non ti lascia. E alla fine, vorresti che non fosse finito.

Così è stato con il primo che ho letto, “Tanta vita”, e poi con “Capodanno da mia madre” e con “L’anima del mondo”. E ora, di nuovo, ho appena finito il suo “Un figlio” e l’effetto è stato lo stesso.

Il romanzo ruota attorno a Guille (Guillermo), un bambino di nove anni, in un momento particolare della sua vita. Il racconto procede per capitoli alterni, perfettamente giustapposti, in cui a parlare sono i vari personaggi: Guille stesso, il padre Manuel, la maestra Sonia, la psicologa della scuola María. Dunque il flusso narrativo è movimentato, tenuto costantemente in equilibrio, e strutturato su punti di vista e modi esprimersi diversi rispetto alla questione centrale. La scrittura è semplice, fluida, equilibrata e coerente con le differenze tra coloro che parlano.

La voce di Guille parla al lettore con la semplicità tipica del linguaggio dei bambini, sotto il quale però si nasconde la loro logica spiazzante, senza filtri e senza pregiudizi; si rifugia spesso nella fantasia, soprattutto nel mondo magico di May Poppins, ha un modo di esprimersi che rivela tutta la sua sensibilità e fatica ad andare d’accordo con gli altri maschi della sua classe. In effetti lui è nuovo, così come la bambina Nazia, pakistana, che diventa la sua migliore amica. Ma, come Guille, anche Nazia ha un segreto che vorrebbe cancellare con la fantasia, con la magia della parola magica di Mary Poppins, Supercalifragilistichespiralidoso. È stato Guille a convincerla che se canteranno alla recita della scuola proprio la canzone in cui Mary la pronuncia, i loro desideri potranno realizzarsi.

Mary-Poppins

La maestra Sonia, in breve tempo, capisce che dietro le fantasie di Guille deve nascondersi qualcosa, e per questo decide di parlare con il padre affinché acconsenta a fare seguire Guille dalla psicologa della scuola:

«Credo che Guille, il Guille che vediamo, sia solo un pezzo di un puzzle, María. (..) E credo che sotto questa felicità… ci sia un mistero. Un pozzo da dove forse ci sta chiedendo di essere tirato fuori». (pag. 28)

Guille vive con il padre Manuel, mentre la madre è lontana: ha accettato un lavoro a Dubai come assistente di volo. È lo stesso Guille a raccontare la sua partenza in una delle relazioni che scrive per la psicologa. Il bambino, con i due genitori era andato a Londra e, dopo le visite a musei e alla ruota panoramica, aveva assistito ad un musical, anzi al suo musical preferito, “Mary Poppins”. Lui e la mamma avevano cantato tutto il tempo dello spettacolo le canzoni, che sapevano a memoria perché avevano visto assieme il film un milione di volte. Poi, la sera, lui e il padre erano tornati in Spagna, mentre la madre aveva preso un aereo per Dubai. E questa è stata l’ultima volta in cui Guille ha visto la mamma. E i suoi ricordi, le sue fantasie, da quel giorno, sono strettamente e intimamente connesse con May Poppins, l’unica, secondo lui, capace di fare tornare la mamma.

Anche il padre, Manuel, esprime una malcelata sofferenza per l’assenza della moglie; tra l’altro è disoccupato, e sembra faticare a tenere insieme tutti i pezzi della sua vita. Guille descrive le sue stranezze durante i colloqui con la psicologa, che ne rimane allarmata. Avanzando nella lettura, si viene coinvolti dal disagio che vive il bambino; un sentimento che lui cerca di tenere sotto controllo ma che, nei colloqui e più ancora nei disegni che realizza, così come nella durezza ingiustificata di suo padre di fronte alle sue fantasie, denuncia tutta la sua stridente problematicità.

Prima ancora che la maestra e la psicologa, è con l’amica Nazia che Guille riesce a confidarsi, perché lei è molto sensibile, e, come lui, alle prese con un dramma personale che l’angoscia. E Guille, non sapendo che altro fare, pensa che anche per aiutare Nazia ci sia bisogno di Mary Poppins… Tutto questo ricorso alla fantasia costituisce per la psicologa un modo per nascondere un malessere, una preoccupazione, che piano piano inizia a disvelarsi ai suoi occhi, resa sempre più palese dai disegni che Guille realizza nel suo studio.

Guille inizia a fidarsi della psicologa María, si apre con lei, lasciando cadere indizi e tasselli che, apparentemente, sembrano insignificanti ma che, invece, messi in fila l’uno dietro l’altro, a poco a poco compongono un quadro sempre più a fuoco. Lo scavo psicologico che María realizza, la fiducia che riesce a instaurare con Guille, la mette di fronte ad una rivelazione, che era già lampante, ma talmente confusa e distratta da ciò che le ruotava intorno, da non essere compresa.

Come si fa ad accettare la verità? La cosa strana non è tanto averla avuta davanti agli occhi per tutto il tempo e non averla riconosciuta che all’ultimo momento. La cosa veramente strana è che, quando finalmente la si scopre, la verità non permette scelte a lungo termine. Ci obbliga ad agire, quasi sempre con urgenza. (pag. 156)

Un figlio” è un romanzo corale, semplice e complesso allo stesso tempo; semplice perché scritto in modo fluido ma complesso perché ciò di cui parla sono il dolore della perdita e l’amore. Racconta una storia piena di realtà che trasmette la forza che un bambino può avere di fronte alla vita, anche laddove si fa dura, e che cerca di dominarla con la sua intelligenza emotiva. Un inno alla rinascita e alla speranza.

Qui potete leggere l’incipit.


Viewing all articles
Browse latest Browse all 6

Latest Images

Trending Articles